Cinque minuti per la storia: Royce trionfa al primo UFC
- Redazione
- 30 nov 2015
- Tempo di lettura: 4 min

Ventidue anni: tanti ne son trascorsi dal primo evento ufficiale "UFC", tenutosi a Denver nell'ormai lontano 1993. Erano gli albori di una antica disciplina di combattimento, riportata alla ribalta grazie all'iniziativa di una società americana, forse spinta dal redivivo successo delle narrazioni cinematografiche sulle arti marziali. Erano gli anni de "I migliori", gli anni delle leggende su Van Damme e sulla Muay Thai: il mondo degli sport da combattimento stava per conoscere il suo primo, vero "Kumite", prendendo a prestito la denominazione del famoso torneo del film "Bloodsport". Il motivo del contendere è quello che anima le discussioni del caffè di ogni gruppo di appassionati di sport da combattimento: è più efficace la boxe o il karate? La kickboxing o la luta livre esportiva? L'intenzione è quella di decretare il miglior stile di combattimento , ciascuno entra in gabbia col proprio: non esistono i "più forti", non c'è l'onda energetica, né la torre d'avorio in cui rifugiarsi, evitando il confronto interstile. Royce inizia a scrivere la storia delle MMA contemporanee: esordisce contro un pugile statunitense, Art Jimmerson. Per renderci conto della distanza che quei confronti avevano, se paragonati agli incontri dei giorni nostri, basterà notare l'abbigliamento e la dotazione dei due contendenti: Royce indossa il Gi, con la cintura nera, senza guanti da quattro once; Jimmerson è ancora più grottesco, con una comune divisa da boxe e un solo guantone, il sinistro. La guardia dei due gladiatori è speculare, sinistra per il brasiliano, ortodossa per Jimmerson. Nessun tocco, solo Royce allontana l'avversario con qualche timidissimo low kick che non va a segno, ma costruisce una distanza. Jimmerson non azzarda colpi, la fase è di studio, finché Royce porta al suolo l'americano: è il primo take down della storia UFC, inutile dire che Jimmerson non abbozza alcun sprawl, tecnica probabilmente a lui sconosciuta. Royce prende la monta con una facilità imbarazzante, Art rimane sotto, senza alcuna reazione.
L'ultimo dilettante dei giorni nostri avrebbe scalciato come un asino, per cercare di liberarsi dagli uncini che Gracie piazza abilmente su Jimmerson, che invece non sembrava minimamente preoccupato dell'attacco. Sicuramente non aveva compreso che Royce stesse costruendosi una finalizzazione. Prova a dimenarsi, si aggrappa ai fianchi del lottatore, prova ad uscire dalla full mount, si gira come in preda ad attacchi epilettici. Ma lo scacchista s'era insinuato, aveva portato a termine la propria opera: soffoca Jimmerson, la regia ci mostra l'azione da un'angolazione sfavorevole, l'arbitro non si rende conto con compiutezza di quanto accade: fa sorridere pensare che ci siamo persi il primo tapout delle MMA contemporanee. Per Royce prosegue il torneo (all'epoca la struttura della promotion prevedeva un torneo ad eliminazione diretta, sul modello di quanto accade oggi per i tornei ufficiali ADCC o IBJJF), affrontando Ken Shamrock in semifinale. Shamrock è un ottimo combattente, anni dopo avrà una modesta popolarità presso il grande pubblico, tentando la strada del Wrestling WWE, per poi tornare a far quello che gli riesce meglio tra combattere e recitare. È uno shootfighter, che difende perfettamente il takedown non irresistibile di Gracie con lo sprawl, riesce ad invertirlo con uno sweep, prende persino la full mount. Commette l'errore di non stabilizzare la posizione, i fighter tornano in piedi per qualche istante, finché Gracie chiama in guardia al suolo Shamrock. All'epoca si potevano ancora colpire i reni dell'avversario con gli heel kick dalla guardia chiusa, Gracie sferra qualche colpo, pur avvinghiandosi al collo dello statunitense con fare da boa constrictor. Shamrock si fa rigirare, Gracie sale sopra e colpisce l'avversario (a mano aperta) sul volto. È un diversivo, la vera intenzione è quella di prendere la schiena. Non ci riuscirà, Royce, ma non per questo non riuscirà a sottomettere Shamrock con un choke da dietro. Gracie va in finale, dove affronterà il karateka Gerard Gordeau. Se avrete modo di guardare l'incontro, non potrete fare a meno di notare lo stato di forma dell'artista marziale olandese, ben lontano dagli standard cui ci hanno abituati i professionisti dei giorni nostri.
La storia si ripete, per la terza volta nel corso della stessa serata: Gordeau ha una guardia da boxe, non è il caso di utilizzare la guardia del Kyokushin, di cui è praticante e terzo dan. Poco studio, poi un body clinch di Gracie, cui Gordeau resiste. Vanno al suolo, Gracie vuol costruirsi un armbar: Gordeau non è un lottatore, ma percepisce il pericolo, e si difende come può, sicuramente meglio di come fece Shamrock nel match precedente, in condizioni analoghe. Royce passa il braccio attorno al collo di Gordeau, che commette un errore fatale, che oggi non esiteremmo a definire frutto di pazzia: dà le spalle ad un lottatore, dà le spalle a Royce Gracie. Il brasiliano può solo passare il braccio sul collo dell'avversario e tirare: Gordeau batte, Gracie è campione.
La realtà delle arti marziali miste era cambiata per sempre.
Gli erano bastati poco meno di cinque minuti in tre incontri, combattuti nella medesima serata, per continuare gettar benzina sul fuoco del confronto tra i praticanti di stili diversi.
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